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È la solita solfa, già codificata da Breakin'. Rispetto ad altri titoli simili, mancano qui le coreografie spettacolari. Il poco che il film ha da offrire è da ricondurre alla sensualità delle ballerine/attrici. Un po' come ne "Le ragazze del Coyote Ugly", di cui questo film riprende in larga misura anche la trama.

Altra "pietra miliare" nel suo genere. Non ha l'eleganza di "Save the Last Dance", ma nella sua grossolanità, in qualche modo riesce ad ergersi lievemente dalla mediocrità assoluta in cui ribollono gli altri esponenti del filone, forse in virtù di uno sviluppo narrativo condotto con un minimo di raziocinio e per via del briciolo di carisma che ogni tante pare luccicare negli attori.

Le mosse esibite non sono così impressionanti, e sul piano strettamente filmico, rappresenta una delle storie meno interessanti e peggio raccontate di tutti i tempi. Evitabile per qualunque spettatore, perfino per gli appassionati di ballo.

È il culmine della spettacolarità di questo filone - credo abbia segnato un vertice oltre il quale non ha senso andare. Ma trama e recitazione sono ai minimi storici. È pirotecnico quanto basta per tenere incollati allo schermo i ragazzini col sogno di diventare ballerini, avvezzi alle convulsioni visive. Per tutti gli altri, è un piatto stracarico di condimenti, difficile da digerire. Ma, d'altro canto, per tutti gli altri, bastava e avanzava già un "Save the Last Dance" o il primo "Step Up".

È il vero iniziatore del filone che ad inizio millennio è tornato in auge dopo il successo di "Save the Last Dance". Ha l'aura del film di culto, ma contenutisticamente, è perfino più povero dei polpettoni danzerecci della nostra epoca. I dualismi tematici sono fissati: ghetto contro scuola, nero contro bianco, hip-hop contro danza moderna/classica. Lo stile anche. Nella nostra epoca, sarà un continuo rifarsi a questa formula, di per sé non certo impeccabile. Ma chi ama la danza, non potrà che apprezzare.

Per quanto riguarda i film col tema del ballo, "Rize" è forse quello più interessante. Ha lo stile del documentario, sebbene tra un'intervista e l'altra, prende forma (anche) un intreccio. Il ballo è il tema primario, ma costituisce un tramite per la riflessione sociale, condotta in maniera infinitamente meno banale rispetto agli altri esponenti della "categoria". Qui emerge spontanea la realtà, mentre altrove si rimasticano all'infinito vacui cliché.

Il fondatore del fenomeno dei film di ballo del nuovo millennio, e probabilmente quello meglio riuscito - dopo "Rize", che però, nonostante qualche tematica in comune, ha uno stile totalmente differente. La trama è estremamente prevedibile e scontata, ma la recitazione non delude del tutto, e il piano visivo denuncia una certa eleganza, che manca totalmente nella maggior parte delle produzioni analoghe che seguiranno a questa, ispirandovisi palesemente. Sarà che ci trovavamo nell'epoca di Dawson's Creek, per cui vigeva una certa grazia nel raccontare storie sentimentali in modo non troppo banale.

Infilato grossolanamente nel calderone dei filmacci basati sulla danza, è un po' meglio dei titoli coevi. Rivaleggia con i primi esponenti del genere.

È di una piattezza smisurata. Di un buonismo lezioso insopportabile. E anche le coreografie non sono così interessanti. Uno dei peggiori del filone.

La protagonista figa non è così figa e le mosse cool non sono così cool. Riesce perfino a peggiorare l'insipido prequel. Forse il peggior film sull'hip-hop mai concepito.

Si è parlato così tanto di questo film che, sebbene non mi aspettassi certo un capolavoro, speravo in qualcosa di perlomeno decente. Invece, è un abisso di banalità e insignificanza.

È esattamente il film becero privo di contenuti che ti aspetti. Come una cheerleader, oltre a sculettare, non è buono ad altro. Ma la furbizia con cui lo fa, serve a salvarlo dalla totale inutilità. È sovraccarico, caricaturale, kitch oltre misura. Perciò, perversamente, interessante.

Nel suo ambito, vanta le coreografie più spettacolari in assoluto - a differenza di Step Up 3D, c'è meno effettistica e più sostanza. La trama, per quanto banale e priva di qualunque spunto di mordente, è esposta in maniera gradevole, sul piano visivo e attoriale. Il punto debole è forse la protagonista, presumo scelta più per la carineria, che per l'efficacia.

Il primo capitolo in fondo era piacevole. Qui, quel poco di buono dell'esordio, è completamente andato perso. La trama forse prova a svincolarsi dagli a dir poco abusati stilemi di questo genere, tenta qualche nuovo svincolo, ma il risultato è pressoché un totale disastro. In qualche modo, si salva il finale, con un dialogo conclusivo (quasi un monologo) della protagonista che veicola qualche spunto di riflessione.

Rimanendo in vita. Ma sarebbe meglio essere morti. Regia di Sylvester Stallone. Una garanzia di qualità. Non a caso, il film sembra la rilettura musical di Rambo. Ha la grazia di un elefante obeso e palestrato che imbraccia un bazooka. È il peggior sequel di ogni tempo. Forse il peggior film di sempre.