- Interviewer: Durante il fascismo e sotto i colpi del prefetto Mori quale fu la condizione della mafia?
- Interviewed: Sotto i colpi del prefetto Mori, che poi furono molto enfatizzati dal regime, la mafia adottò la sua strategia abituale, che è quella che i mafiosi chiamano «del giunco»: quando imperversa il temporale, il tornado, le folate, com'era quello rappresentato da Mori, la mafia si piega come il giunco per non farsi svellere dal terreno. Poi, quando il temporale è finito, ritorna fuori. E questo avvenne anche con Mori. Mori, in sostanza, non fu un vincitore, fu uno sconfitto perché la mafia, alla fine, attraverso il partito fascista locale, riuscì a farlo richiamare a Roma, sia pure insignito del laticlavio. Si disse che non gli aveva dato il tempo di arrivare alla conclusione della sua azione: quella è un'azione che non ha mai conclusione.
- Narrator: Le strutture che indagavano sulla mafia si andavano, intanto, perfezionando. Magistrati intrepidi come Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, riuscirono a incriminare centinaia di mafiosi utilizzando le rivelazioni dei pentiti, Buscetta in testa, ma pagarono con la vita. Nel breve volgere di cinque mesi del 1992 furono assassinati Salvo Lima, eurodeputato della corrente andreottiana ritenuto vicino alle cosche, Giovanni Falcone con la moglie e la scorta - strage di Capaci -, Paolo Borsellino con la scorta - strage di via D'Amelio - a Palermo.
- Interviewer: Lei, Montanelli, ha scritto che Oscar Luigi Scalfaro fu issato al Quirinale dalla carica d'esplosivo che annientò Giovanni Falcone. Nel senso che il Parlamento, impegnato in un ennesima defatigante elezione presidenziale, dovette decidere in fretta.
- Interviewed: Sì, è vero.
- Interviewer: La fine di Falcone e Borsellino rappresentò una svolta nella lotta alla mafia?
- Interviewed: No, purtroppo no. Purtroppo segnò la fine di due grandi magistrati. Ma che quei due uomini bastassero a dare una svolta all'azione contro la mafia non ci credo, pur con tutto il rispetto per loro. Io non credo che l'azione contro la mafia possa avere svolte. Ci credo poco.
- Interviewer: La mafia, secondo lei, è più fenomeno criminale, un fenomeno di costume, una mentalità?
- Interviewed: È un fenomeno criminale innestato su un costume ancestrale e su una mentalità che oramai è quella di quelle regioni. È un fatto che ha degli episodi criminali, ma è un modo di vivere, di concepire la vita di relazione, ed è condizionata dal fatto che il siciliano ha più fiducia nella mafia che nello Stato. Ha meno paura dello Stato che della mafia e finché la situazione è questa non c'è niente da fare: la lotta è destinata alla sconfitta.